Novembre 2011 – Di solito si aspetta il fine settimana per riposarsi, rimanere sotto il piumone a godersi il dolce non far niente. Ma per noi subbuteisti la storia non è scritta così. E’ una storia di chilometri, palestre, miniature, lucidi e palline. Ma soprattutto è una storia di passione. Atavica. Ti si attacca addosso ed è difficilissima da convincere a staccarsi. Sabato scorso quel piumone caldissimo è stato abbandonato per l’ennesima volta di buon’ora. Anche la notte l’avevo abbandonata a se stessa perchè la tensione della Coppa Italia non concedeva altri spazi. Neanchè al riposo del sonno. Una doccia per togliere i rimasugli dei pensieri, si chiude la valigia, un’ultima occhiata al pulman dei ragazzi e via. Destinazione Chianciano. La nebbia ci scorta sino alle porte della cittadina che sembra essersi fermata quaranta anni fa. Ma come arriviamo nei pressi del palazzetto si dirada come ad invitarci, stendendo un tappeto terso fino ai campi verdi. Tantissimi, tutti allineati, perfetti: palcoscenici silenziosi per noi attori. Sarà nostro compito dargli una dignità. E lo faremo, come sempre.
Non ci si abitua mai; entrare è sempre emozione che toglie il fiato. In un secondo ti domandi come andranno questi due giorni. Tutti i pezzetti sui quali hai lavorato negli allenamenti andranno ai loro posti? Poi, improvvisamente, tutto sparisce nel preciso istante in cui apri il pulman. Miniature, lucidi, limette, portierini e portieri, timer, adesivi, biadesivi tutto ti guarda e sembra darti la carica: “Forza Luca oggi è il tuo giorno!” …. è il momento in cui si diventa giocatore. E iniziano le danze degli individuali.
Il sabato è riservato a te, non hai condivisione, solo il tuo avversario ti divide dal prossimo turno. Nessuna strategia, nessuna forzatura nel tuo gioco … solo vincere mettendoci tutto quello che hai. Ma sembra maledettamente difficile! Siamo tantissimi e tra questi intravedi i mostri sacri, simulacri di pallonetti e difensive da urlo, dei quali hai sentito raccontare le gesta come fossero eroi. Qualcuno, sfortuna voglia, ti si parerà davanti e sarà come il bambino davanti alle montagne russe. Ma ti ci butti lo stesso, comunque vada sarà stata una botta di adrenalina sportiva che non si dimenticherà.
Primo turno di gioco. Meglio giocare subito o arbitrare? O meglio ancora stare fermo? Non c’è tempo per analizzare quali delle tre la migliore. Dalle casse dell’impianto suona, come un Re minore di una grancassa, il tuo nome seguito da quello del tuo avversario e dal numero del campo. Partita. Il tremolio della prima si fa sentire anche stavolta ma ben presto lo domo. Anche l’amico trevigiano deve capitolare, il Toro ’77 è in forma e sbaglia pochissimo. Stretta di mano e turno successivo. Alla fine saranno tre vittorie che mi incoronano vincitore del girone di qualificazione proiettandomi ai trendaduesimi. Arbitraggi, sigarette fumate al freddo, due chiacchiere con amici che uniscono l’Italia: Catania, Biella, Palermo, Milano, Torino …. l’intero stivale è ben rappresentato.
Ai 32mi ritrovo un amico; si un amico perchè da una discordia affrancata può solo nascere un’amicizia. Non stretta, non vissuta nel quotidiano ma sincera. E questa volta le avversità della partita non bastano per guastarla di nuovo, anzi la rafforzano. Vinco una partita che potevo benissimo anche perdere. Questa volta è andata bene a me e anche la prossima volta cercherò di avere lo stesso esito, caro amico mio. Il panno verde mette in sala di attesa i sentimenti. Il tuo in bocca al lupo mi porta bene anche nei sedicesimi.
E’ anima estense quella che prova a fermarmi ma non ci riesce. Giochiamo la partita più dura. parità alla fine dei tempi regolamentari e solo al sudden death il Grande Cuore Granata tira fuori la zampata vincente. Può esserci solo un abbraccio sincero dopo un urlo liberatorio. Ancora uno, ancora un altro amico. Che spettacolo questo Subbuteo!
Ma si sa che Ferrara è terra di tradizione, fiera, dura e signorile al tempo stesso. E il suo Capitano vendicherà il suo uomo fermandomi agli ottavi. Senza contrappunti. Un capitolo secco: apertura, sviluppo e chiusura. E me ne esco dal torneo. Ma esco con il sorriso, con l’espressione di quello che sa di aver fatto il suo compito ed averlo fatto bene. La prossima volta punteremo ai quarti avvicinandomi sempre di più a quei mostri sacri che piano piano, forse, faranno sempre meno paura.
Arriva Sua Signoria la Stanchezza e questa volta la notte è fatta di riposo. Domani sarà davvero tutta un’altra storia.
Maglia nuova, fresca, quella della squadra! Arrivo al palazzetto e le mie pupille non ci mettono tanto a riconoscere la macchia viola in mezzo tante altre. Sono i miei compagni, i miei fratelli di avventura. Mai avrei immaginato una comunione così forte. L’aggangio di uno è la rete di tutti, la difensiva di un altro è la parata di tutti noi. Siamo una squadra, finalmente, e anche senza dircelo lo sentiamo forte.
Il capitano spende poche parole in un huddle che sa tanto di aria fresca: ma quei sei pugni uno sopra l’altro significano davvero tanto. Il girone ce lo mangiamo con una concentrazione che per noi è roba nuova. Salerno sembra l’ostacolo più duro e lo affrontiamo con rispetto ma anche con la consapevolezza che i nostri mezzi sono cambiati. Che c’è qualcosa che sta nascendo e che reclama ossigeno. Vinciamo con una partita perfetta. L’abbraccio è sottile, quasi timido come ad aver paura di quello che stiamo facendo. Ma ci abbracciamo ed è una gioia sentire quelle strette.
L’aquila laziale dei terribili ragazzini ci si propone davanti agli ottavi. E’ una corazzata, lo sappiamo benissimo. Ma non usciamo con le ossa rotte come sarebbe successo pochi mesi fa. Ci facciamo onore, parola cara in terra laziale. Sconfitti con un magro uno a zero e in partita su quattro campi fino all’ultimo secondo. L’amarezza non è possibile nasconderla ma è un soffio di maestrale che passa subito. Torna in noi la consapevolezza di quanto abbiamo fatto e di quanta strada avremo da fare. L’importante è che questa volta la strada sarà quella giusta. La faremo di corsa, a perdere il fiato, come la corsa del ragazzino che esce da scuola.
Stiamo diventando grandi.
Grazie ragazzi.