Firenze, 18 marzo 2012 – Eccoci qua. La prima tappa della nuova stagione del Circuito Toscano è andata. Ma non ho molta voglia di scrivere la cronaca sportiva della giornata, per quello c’è il sito del CRT; ho voglia di dirvi quali sono state le sensazioni provate in questa infinita giornata. La fatica che fai la senti, la vedi solo a tarda sera quando tutto è sistemato e la palestra torna a respirare con il ritmo di sempre. Si svuota dei campi verdi, delle tante maglie colorate, della tensione che traspare negli occhi di tutti noi. Gli urli di gioia e di disperazione lasciano spazio al silenzio rumoroso delle lampade incandescenti. Ci guardiamo tra di noi e non servono parole; ci capiamo al volo. Un’altra impresa è compiuta, quella di condividere una giornata insieme a tantissimi amici. Ogni dettaglio è attore protagonista, un pezzetto di un infinito puzzle che si chiama Subbuteo. E’ il nostro mondo, il nostro spazio bambino che custodiamo gelosamente. E tutti, davvero tutti, si riconoscono in questo e non si fa fatica a sentirlo. Anche i curiosi che passano di lì per caso o solo per vedere che diavolo fa la domenica il babbo, lo sentono. Gli si vede nelle rughe del viso. Come di solito succede, in mezzo a tante tessere di questo infinito puzzle, c’è sempre quella che spicca; il tassello che da un senso a tutto questo. Stavolta, questo, si chiama Marco. Il mio amico Marco. Da quando lo conosco ha sempre fatto della pragmaticità, dell’onestà, dell’operosità un punto fermo. Noi viola ci aggrappiamo a lui come fosse il timone di una nave che senza andrebbe alla deriva. Sarebbe assenza grave. Di quelle pesanti come macigni. Ma c’è, lui c’è sempre. Da troppi anni lo vedevo costruire questo suo essere senza che il destino lo retribuisse. Doveva arrivare anche il momento di fare i conti e, inevitabilmente, doveva arrivare il tempo di saldare i propri debiti per il Signor Destino. Lo ha fatto domenica ma non con gratuità. Ha chiesto un conto salato. Ha chiamato Marco in un angolo e gli ha elencato quello che doveva fare per meritarsi tanta sua attenzione. Una serie di ostacoli da saltare, senza mai scomporsi, senza mai avere la possibilità di prendere fiato. Solo correre, correre e ancora correre. Gli ostacoli hanno avuti nomi importanti: Bertelli, Petrini, Testa, La Pietra, Caiazzo, Vanelli, Nicchi e ancora Caiazzo per l’atto finale. Chapeau! Marco non ha mollato un attimo, ha recitato la sua parte con tanto di acuti degni del miglior tenore lirico. Il destino ha dovuto abbassare le braccia e riconoscere che quel talento con la maglia viola questa volta se l’era meritato il suo regalo. E’ stata la prima volta che ho visto il mio amico Marco alzare una Coppa che gridava “Sono del migliore…” ed è stato come vincere un pò anche io, anche noi che abbiamo la fortuna di averlo come compagno di squadra. Abbiamo saltato, cantando tutti insieme dentro le nostre felpe orgogliose, con quel Firenze scritto forte, bianco in campo viola, che non è solo appartenenza ma unione.
GRAZIE MARCO, GRAZIE RAGAZZI !!!